- Beatrice Andreoli
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Lo stigma nei confronti dell’obesità e del peso corporeo è un fenomeno che sembra essere estremamente diffuso, il quale può inficiare la terapia per l’obesità ed anche compromettere in vario modo la qualità di vita e la prospettiva terapeutica di chi lo subisce.
Lo stigma, parola che indicativamente si può tradurre come “pregiudizio”, rappresenta quel processo per cui la persona con obesità, colpevolizzata per il fatto di non essere in grado di controllarsi e di prendersi cura di se stessa e del proprio peso, viene ingiustificatamente etichettata con attributi spregiativi conseguenti: pigra, svogliata, priva di qualsiasi forza di volontà, golosa, lento, incapace di raggiungere un obiettivo, solo per elencare alcuni possibili esempi. Questa valutazione sottende una profonda ignoranza della condizione medica di obesità, oggi riconosciuta come patologia metabolica cronica, da trattarsi a livello specialistico con una gestione continuativa che possa permettere la corretta gestione della condizione stessa.
Dove si manifesta questo pregiudizio?
Lo stigma, studiato sempre meglio negli ultimi anni, si può manifestare in vari ambiti della vita della persona: ad esempio a livello familiare, scolastico, lavorativo, relazionale, sanitario.
Esso può contribuire nei casi più gravi all’espressione di comportamenti come l’isolamento sociale, l’evitamento delle cure sanitarie, la riduzione del livello di attività fisica, portando a volte all’aumento ulteriore di peso e compromettendo il raggiungimento di cambiamenti comportamentali salutari.
Talora lo stigma potrebbe essere, secondo alcuni Autori, anche una possibile causa dell’innescarsi di episodi di abbuffata con perdite di controllo. In generale, comunque, lo stigma può peggiorare drammaticamente la qualità di vita della persona con obesità, in modo ancor più marcato nelle donne e nei bambini e adolescenti.
Alcuni dati indicano che lo stigma nei confronti dell’obesità e del peso corporeo diventa un fattore in grado da solo di determinare conseguenze negative per la salute e comportamenti che andranno anche a promuovere e peggiorare la condizione di obesità.
Paradossalmente, quindi, proprio lo stigma aumenta il rischio stesso di sviluppare la condizione di obesità, mentre ancora qualcuno ritiene che richiamare o addirittura sgridare una persona con un eccesso ponderale, con un senso di vergogna per la situazione, possa avere un ruolo motivazionale.
In prospettiva, invece, lo stigma si mette in relazione ad un aumento della gravità, della mortalità e di altre complicanze mediche.
Per quanto riguarda l’ambiente medico, si osserva che a volte anche gli operatori sanitari mettono in atto attitudini fortemente negative e stereotipi nei confronti delle persone con obesità. Tali atteggiamenti influenzano il comportamento interpersonale di chi viene giudicato ed anche la sua capacità decisionale, oltre a creare un impatto negativo sulla qualità ed esito delle cure. A sua volta, l’esperienza di cure di scarsa qualità o l’aspettativa di terapie non ottimali possono causare distress ed emozioni negative, con conseguente evitamento delle cure, diffidenza verso i medici e scarsa aderenza alla terapia proposta, con un ulteriore potenziale peggioramento della cronicità.
Risulta necessario pertanto eliminare i cosiddetti “anti-fat bias” espressi dal personale sanitario, per colpa dei quali si rischia di fornire cure più scadenti con peggiori risultati terapeutici.
Quali conseguenze?
Lo stigma nei confronti dell’obesità si associa a risultati negativi a livello fisico e psicologico, soprattutto se ripetutamente subito e anche in base alla sensibilità e ad altre caratteristiche personali della persona.
In generale, esso si può associare ad un aumentato rischio del peggioramento dell’obesità grave, oltre che di diabete, sindrome metabolica, aumento del livello di cortisolo, stress ossidativo e aumento degli indici di infiammazione, depressione, ansia, insoddisfazione per la propria immagine corporea, compromissione dell’autostima.
Dal momento che questo stigma può riflettersi in una vera e propria discriminazione della persona con obesità a livello lavorativo, educativo, sanitario, con possibile peggioramento delle condizioni fisiche e psicologiche, esso in conclusione danneggia la salute di chi lo subisce, mina i diritti della persona e si rivela inaccettabile in una società contemporanea.
Per questi motivi è stato recentemente creato un documento di consenso da parte di un gruppo multidisciplinare di esperti, comprendente anche revisori e rappresentanti di organizzazioni scientifiche, per poter contribuire all’eliminazione di questo pregiudizio nei confronti del peso.
Sono auspicabili iniziative sociali, educative e istituzionali volte ad informare la popolazione generale sul tema e ad eliminare questo pregiudizio, assieme alle conseguenze negative che comporta.
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